Fiandre e bicicletta sono uno di quei binomi che appaiono scontati, un po’ come pane e Nutella o Battisti e Mogol.  La tradizione ciclistica di questa regione del Belgio è qualcosa di sacro e irrinunciabile. Vento, pioggia, strade strette con continui cambi di direzione e pendenza e soprattutto pietre.

Pavè, pietre quadrate, incastrate una ad una fino a comporre strade che assomigliano più a delle mulattiere, difficili da percorrere e ricche di insidie. Proprio per questo ricche di fascino, passione e storia.

Il pavè di Gruson a pochi chilometri da Roubaix

La storia del ciclismo è stata scritta proprio su questi percorsi, su queste vie strappate alla campagna e alla natura. Percorse nei secoli da animali, carretti, mezzi agricoli ed ora da biciclette. Dal Nord della Francia con Arenberg e Roubaix sino ai mitici muri del giro delle Fiandre.

Fiandre e pavè in bicicletta.

Prima di pensare al nord Europa, alle sue pietre e alle sue particolarità bisogna attraversare le Alpi e la Svizzera. Lascio la Lombardia e l’Italia alla dogana di Como dopo un movimentato saliscendi brianzolo, come sempre trafficato se non si scelgono le vie secondarie.

Le dure rampe del San Gottardo

Una volta entrato in terra elvetica approfitto delle piste dedicate ai ciclisti per salvarmi dal numero sempre più alto di auto che proseguono verso Lugano e poi, superato il Monteceneri, sino a Bellinzona. Il passo del San Gottardo sarà un piccolo assaggio di quello che mi aspetterà poi più avanti. L’antica via che porta sino a quota 2091 è infatti caratterizzata da un fondo in sampietrini, nulla di impossibile da percorre, ma aggiungono una piccola difficoltà ulteriore ai tredici chilometri di salita.

Tornanti scenografici a pochi chilometri dal passo.

 

Basilea appoggia sul confine tra tre stati, arrivando dalla Svizzera, prima si trova il bivio per la Germania e dopo pochi metri quello per la Francia. Non essendo proprio una città a misura di ciclista, meglio proseguire trovare riposo in un campeggio sulle rive del Reno, sponda francese.

Ora prendere la via per Strasburgo, cartina alla mano, appare la cosa più semplice. Una linea verticale che sale a Nord, tagliando la pianura e costeggiando per parecchi chilometri diversi canali. A sinistra l’imponenza dei Vosgi mentre tutt’attorno è cosparso di vitigni, vanto dall’Alsazia.

La pista corre accanto alla linea Maginot.

 

Il percorso si sviluppa quasi completamente su una pista ciclabile poco trafficata, ma spesso arredata da ricordi bellici. Sono in un territorio spesso conteso e sto pedalando a cavallo della linea Maginot, non stupisce quindi la presenza di casematte e bunker costruiti tra le due guerre mondiali.

Strasburgo meriterebbe qualche attenzione in più, ma il mio viaggio deve proseguire. Dopo una rapida visita alla cattedrale di Notre-Dame, proseguo verso nord-ovest. La morfologia del territorio non aiuta l’incedere, un continuo saliscendi percorre questa zona collinosa del nord della Francia, e si fatica a godere di tanta meraviglia.

Verdi colline dopo Strasburgo, pace e tranquillità.

 

Colline che furono bel altra sofferenza durante la prima guerra mondiale. Superata la Mosa mi imbatto in uno dei più grandi Cimiteri della grande guerra dove riposano ben 14000 soldati. Il luogo mette i brividi e anche dopo la ripartenza, voltandomi, si nota ancora in lontananza l’enorme mausoleo.

La lunga e triste distesa di croci del cimitero di Romagne sous Montfacon

 

Il cielo cambia umore sempre più spesso, le colline lasciano spazio ad una verde e poco industrializzata pianura. I villaggi sono comunque sempre rari e gli enormi appezzamenti agricoli vedono sempre qualche contadino all’opera.

Proprio in questo contesto, oltre alle principali vie di comunicazione, sono state create una serie di stradine e carrarecce spesso pavimentate con dei blocchi di pietra. Un giorno qualcuno pensò di farci passare una gara di ciclismo, creando così il mito del pavè.

L’ingresso nell’inferno del nord: la foresta di Arenberg

 

Il tratto più conosciuto e perfido è quello della foresta di Aremberg, un lungo rettilineo di circa duemila metri che ogni anno è uno dei punti chiave della Parigi-Roubaix. Non facile da individuare, e ancora meno da percorrere conferma la sua fama di croce e delizia dei ciclisti.

Giunto si qui non potevo sicuramente farmi mancare una visita a Roubaix, industrializzata città di confine. Il velodromo dove ogni anno termina la gara è ovviamente chiuso, mi accontento di percorrere l’ultimo tratto di pietre nel centro cittadino.

Nel centro di Roubaix, un tratto di Pavè con la dedica ai vincitori del passato.

IL Belgio è a pochi chilometri e così anche le Fiandre. Prima di continuare nell’entroterra mi concedo un’escursione sino ad Ostenda. Arrivare al mare, sino al punto in cui non si può proseguire è per me sempre qualcosa di affascinante, definitivo, quasi una conquista.

Sulla spiaggia di Ostenda, a ferragosto 17 gradi

 

Ostenda è una città ricca ed importante, non proprio a misura di ciclista e di turista. Giro la bicicletta e rientro in direzione di Oudenaarde dove visito il museo del Giro delle Fiandre. A queste latitudini tutto parla di ciclismo, biciclette e birra. Sulla strada le abbazie che producono birre artigianali sono numerosissime, per raggiungerle basta prendere una delle tantissime piste ciclabili della zona.

Un fantastico e colorato monumento alla bicicletta

Ultima fatica del viaggio, prima del ritorno in Italia, è rappresentata dal muro di Grammont. Un’istituzione per il locali, un mito per gli appassionati di ciclismo, qualcosa di irrinunciabile se si arriva fin quassù. Chiamato anche Kapelmuur per via della cappella posta in cima alla salita, è un tratto di pavè sconnesso e molto impegnativo lungo poco più di mille metri e percorso ogni anno da decine gare ciclistiche.

Impossibile non trovare il muro di Grammont

 

Dalla cima della salita, posta a soli 110 metri sul livello del mare, il panorama non è nulla di particolare. Lo spettacolo me lo sono lasciato alle spalle, mentre metro dopo metro risalivo la striscia di pietre in un ultimo intenso sforzo. 

La cappella posta a quota 110 metri.