Primi passi e pedalate di un’annata partita male. Il confino Lombardo non toglie comunque idee e possibilità. Affrontare salite e passi nella quasi certezza di non trovare un numero eccessivo di persone è di per sé un buono stimolo. A questo si aggiunge la curiosità di tornare sui percorsi di tanti anni fa, con l’incognita della neve e senza il minimo allenamento.

Passo Crocedomini & Monte Guglielmo in bicicletta

 

Prime pedalate casalinghe, per togliere la ruggine dell’inverno e della pausa forzata. Il lago di Endine e successivamente quello di Iseo stanno riprendendo vita dopo l’abbandono dei mesi precedenti. Anche la val Camonica riprende la sua operosità con la stessa lentezza e pazienza. Qualità che non devono mancare per gestire e affrontare una salita di oltre venti chilometri con la zavorra del cicloviaggiatore.

Il lago di Endine alle prime luci del mattino

 

Lascio la statale 42 al primo bivio che mi indica il Passo Crocedomini per iniziare la lunga ascesa. Superato l’abitato di Bienno e le sue fucine la salita è dolce e piacevolmente nascosta da un fresco bosco. Proseguendo incontro qualche baita, un ristorante isolato e cataste di legname. Il contorno descritto distrae la pedalata che nel frattempo si è indurita sotto pendenze divenute più arcigne.

Si fanno scorte per l’inverno.

 

La strada si addentra nella valle in un tratto a mezza costa e spiana leggermente nei pressi della frazione di Campolaro. Altro ristorante con possibilità di rifornimento e una fontana per rinfrescarsi. Rimontato in sella posso vedere con i miei occhi quel che resta della pineta distrutta dalla tempesta Vaia nel 2018. Quello che una volta era uno dei tratti più affascinanti della salita si presenta invece come un desolante deserto.

Da Campolaro si può già scorgere la strada per Passo Maniva

 

La vista è aperta sulla via davanti a me, i pendii sono un cimitero di alberi sradicati, tutto è grigio, quasi lunare. Vorrei superare velocemente questo tratto, ma le pendenze certo non aiutano. Un minimo sollievo lo traggo passando accanto ad una cascata e successivamente grazie a qualche tornante che offre respiro. Tutto questo mentre sono oramai giunto nei pressi di Bazena, località e rifugio a due chilometri dal passo.

Superata Bazena, la strada presenta qualche difficoltà in più.

 

Il rifugio ancora chiuso si trova appena prima della sbarra ancora abbassata. Aggirandola pedalerò sui resti dell’inverno. La neve è alta nei canaloni sulle montagne accanto, mentre sulla mia strada è presente solo di rado, intervallata da sassi, rami e ogni tanto interi alberi che hanno totalmente ceduto sotto le intemperie dell’inverno. Si tratta di un percorso ad ostacoli che mi accompagnerà sino alla vetta.

Non solo sassi e neve sulla mia via.

 

Posto a poco meno di 1900 metri di altitudine il passo è deserto, alla mia destra lo sterrato che conduce al Passo Maniva è sbarrato in maniera più convincente e soprattutto appare totalmente impraticabile a causa della neve abbondante. Sulla sinistra la strada continua la sua risalita verso Goletto di Cadino in un tripudio di crocus di montagna che colorano i prati in maniera incredibile.

La primavera colora i prati di Goletto di Cadino

 

Si tocca il punto più altro, 1945 metri, la neve occupa tutta la sede stradale, e spesso è sostituita da colate di fango e rocce cadute nei mesi passati. Inizio la discesa, alternando tratti di asfalto a tagli nei prati per evitare tratti non percorribili. Sotto di me alcune malghe e nella valle di fronte la mulattiera che conduce al Lago della Vacca. Monterò la tenda sfruttando gli ultimi raggi di sole.

Dalla tenda riguardo la strada percorsa.

 

Notte fredda, ma silenziosa e pacifica. Dalla tenda posso vedere la strada percorsa la sera prima e i primi pastori portare degli ovini in alpeggio. Riprendo la mia discesa verso la Val Caffaro sempre col problema della neve che in alcuni punti ostruisce il passaggio, almeno per i primi chilometri. Con il sole già alto giungo a Bagolino e da lì imbocco la salita a Passo Maniva.

Verso la Val Caffaro, si ritorna nei boschi.

 

Paesaggisticamente non offre grandi spunti, anzi in alcuni punti è deturpata da costruzioni bizzarre e da impianti di risalita che sembrano essere in disuso. Al passo è il vento a farla da padrone. Disturba me e i pochi turisti presenti. La strada che conduce al Passo del Baremone è ancora coperta di neve, e ciò la rende ancor più affascinante. Per questa dovrò scendere invece in Val Trompia.

La strada per Passo Baremone vista dal Passo Maniva.

 

Scarsamente popolosa, la valle appare quasi deserta in queste giornate particolari. La morbida discesa aiuta a recuperare energie in vista del Colle di San Zeno. Lo spartiacque con il lago di Iseo è posto quattordici chilometri più in altro. Le pendenze non sono mai difficili, ma la fatica comincia a farsi sentire e dopo innumerevoli soste e spinte raggiungo la vetta con grande ritardo.

Lascio Colle san Zeno per dirigermi verso il rifugio Medelet.

 

Dal valico imbocco la mulattiera che punta verso il monte Guglielmo. Spesso pedalabile, ma anche con alcuni tratti impegnativi porta fino a Malga Gale. Da qui sulla sinistra si prosegue sul pendio Triumplino del monte, mentre il fiorito sentiero di destra conduce al rifugio Medelet. La giornata sta terminando e la seconda opzione è l’unica valida.

Ultimi sforzi sul sentiero delle tre valli bresciane.

 

Attorno al rifugio una piccola area attrezzata consente di piazzare la tenda in comodità. La sera, mentre consumo l’ultimo panino, guardo le pendici del Golem ( cosi viene chiamato in dialetto) ancora colorate da qualche chiazza di neve e scruto un orizzonte piovoso. La tenda ben sopporterà la pioggia e confido che il mio sonno non venga disturbato dalla perturbazione notturna.

Si ritorna a scorgere il lago di Iseo.

Lo sterrato che conduce a Passabocche è ancora bagnato, ma fortunatamente corto e ben tenuto. Riprendo l’asfalto di fronte al bivio per la Val Palot e dopo pochi chilometri comincio a rivedere il Sebino con le sue brume mattutine che si stanno alzando e lasciano riapparire al completo le bellezze di questo lago. Da qui a casa il rientro è una lenta formalità.