Il crinale delle Orobie corre parallelo alla Valtellina e separa le provincie di Sondrio e Bergamo. Ufficialmente offre una sola possibilità di passaggio, la lunga salita al Passo San Marco. Ufficiosamente anche il Passo Dordona è percorribile, almeno in bicicletta. Con un po’ di fantasia e masochismo si possono però cercare altri punti di passaggio.

Passo Salmurano in bicicletta

 

La sponda orientale del lago di Como è da percorrere sempre con cautela, almeno nella prima parte. Terminata questa ci si immette in Valtellina e una volta giunti a Morbegno si svolta a destra e si inizia a salire seguendo le indicazioni per Gerola Alta. Stradone ampio, pendenze contenute traffico scarso. Superata primi cinque chilometri ci si addentra nella Val Gerola in un contesto che diventa sempre più alpino e montano.

Primi chilometri di salita ancora in Valtellina.

Nonostante passino i chilometri si continuano a trovare piccoli paesi, che offrono punti di appoggio e diversi scorci suggestivi. Dopo aver spianato per un breve tratto la strada riprende a salire in prossimità del principale centro della valle: Gerola Alta. Qui si possono trovare alberghi, bar e persino le poste. Gli impianti sportivi del paese sono ben organizzati e fanno il paio con quelli sciistici che troverò più avanti.

Un tornante nei pressi di Gerola Alta

 

Riempite le borracce in una delle tante fontane di acqua fresca che trovo sulla via, riprendo fiato prima dello sforzo finale. Resta l’asfalto sotto le mie ruote, ma le pendenze vanno spesso in doppia cifra. Tutto attorno solo boschi curati, cartelli che indicano l’inizio di qualche sentiero e alcune vecchie baite convertite a seconda casa. Più in alto si intravvede la montagna incisa dagli skilift e attraversata dai pali dell’alta tensione.

La salita è molto dura, ma io non posso usare gli impianti di risalita.

Nonostante l’impronta dell’uomo sia abbastanza importante, una volta giunto al piazzale delle funivie il paesaggio ripaga ugualmente degli sforzi compiuti. Fatiche che però non si concludono qui. Di fronte a me uno sterrato che appare subito irto e sassoso, lo imbocco di buona lena. Ogni tanto alcuni tratti di cemento agevolano l’incedere, ma le difficoltà si fanno sentire. 

Lasciato alle spalle il Rifugio Salmurano continuo a spinta.

Per raggiungere il Rifugio Salmurano bisogna ancora pedalare e spingere su una rampa di garage lunga poco meno di tre chilometri. Effettuato anche questo sforzo posso già scorgere il passo, che alla vista non sembra lontano. La bicicletta va spinta sul pendio erboso prestando attenzione alle buche e ai tratti più impervi. Manca ormai poco alla meta che è posta ad oltre 2000 metri.

Un tratto nevoso, sullo sfondo il passo è sempre più vicino.

 Ora il sentiero taglia decisamente a mezzacosta ed è intervallato da alcune lingue di neve che si superano senza difficoltà e pericolo. Con i piedi infreddoliti e bagnati prendo la bicicletta in spalla per lo sforzo finale. Una madonnina saluta il mio ingresso in terra orobica, un cartello del CAI mi aiuta a riconoscere le montagne circostanti dove il sole sta andando a nascondersi.

Foto di rito in vetta al passo

 

 La via per i Piani dell’Avaro appare troppo esposta da percorrere bici in spalla. Il cambio di programma mi porta ad affrontare una breve ma non semplice discesa per uno spiazzo sottostante, dove giungo in circa venti minuti. Vi trovo pure una panchina di legno e i segni di un fuoco, il luogo  perfetto per una montare la tenda.

La vista ripaga, dopo tanta fatica.

 

Da questo balcone sulla valle, avvolto dal silenzio e dalle montagne, posso finalmente appoggiare la bici atterra e riposare gambe e spalle. Dalla zanzariera della tenda alcune nuvole oscurano per pochi istanti il sentiero che scende a valle. L’indomani la ripresa sarà per quella via. Ancora bici in spalla per un ora circa fino a riprendere l’asfalto nei pressi di Cusio. La discesa in Val Brembana è solo una formalità prima del rientro.